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***Il futuro dell’Italia*** RESTITUIAMO I PARTITI (E LA POLITICA) AI CITTADINI di ANDREA SARUBBI*

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La scelta di Bersani di far indicare ad alcune associazioni i due candidati al consiglio di amministrazione Rai che il Pd avrebbe poi sostenuto, riscatta (almeno in parte) una segreteria altrimenti, come abbiamo avuto modo di rilevare più volte, deficitaria (per la Sinistra e per il paese) e fallimentare. Quella di Pigi è una scelta “necessaria” almeno fino a quando i partiti non torneranno a svolgere il proprio ruolo – nella versione moderna – e avranno loro la forza – la legittimazione - per indicare candidati (anche, al proprio interno) ad un tempo autorevoli e rappresentativi, e riprendere a svolgere degnamente e non (più) autoreferenzialmente la propria funzione. Perché i partiti non sono, come indica una sentenza molto discutibile della Corte di Cassazione, “associazioni private” (tali, quindi, da dover/ poter perseguire un proprio, particolare scopo, non necessariamente coincidente con l’interesse generale); bensì il corpo, il canale intermedio tra i cittadini e le istituzioni. Uno strumento a disposizione dei primi per poter accedere, e dare forma (e sostanza), alle seconde. “Lo Stato siamo noi”, ci ha ricordato recentemente il presidente Napolitano; e siamo noi gli unici, legittimi ”padroni” di tutto ciò che costituisce la macchina della Politica e dell’amministrazione: partiti, Parlamento, istituzioni. Dunque i partiti non sono “altro” dalla società civile; e tanto meno, come ci dirà il deputato Democratico, può esistere una “competizione” (che presuppone una divaricazione – e una distinzione di motivazioni e persino di obiettivi – che non si addice a chi deve concorrere al solo, unico scopo del bene comune) tra loro; bensì i partiti sono una forma – organizzativa - della società civile per fare Politica. E, nell’era della comunicazione, in cui la ricerca tecnologica ci ha fornito degli strumenti per una (ora) possibile partecipazione diretta alle decisioni (il giornale della politica italiana è forse il caso più lampante di come internet consenta di essere protagonisti ai massimi livelli della vita democratica del proprio paese anche senza l’”autorizzazione” dei partiti), possono e devono (se non vogliono essere legittimamente sostituiti da una forma di democrazia diretta) diventare sempre più un “filtro” (democratico) attraverso cui questa partecipazione deve, però, svolgersi nella maggiore libertà possibile (che significa anche sulla base di regole stringenti e applicate rigorosamente); e far tendere la nostra democrazia verso una coincidenza sempre maggiore tra Politica e società (o, meglio, tra società e politica): dove la Politica cessa di essere un “mestiere”, o una “carriera”, e recupera il proprio senso originale: quello di servizio - dei cittadini che di volta in volta assumono incarichi pubblici – nei confronti dei nostri connazionali. E, in questo modo, riavere un settore pubblico efficiente e consapevole di essere, a sua volta, al servizio del paese. E non di se stesso. E attraverso di ciò smettere di disincentivare/ scoraggiare – attraverso lo Stato! – investimenti dall’estero, la capacità/ volontà (creativa) di intrapresa degli italiani, e vedere così rimosso il principale ostacolo, oggi, alla ripresa della nostra economia. Il parlamentare Democratico, ora, ci parla del “richiamo” (in questo – stesso – senso) di Cittadinanzattiva, l’associazione che “riunisce” (idealmente) tutti i cittadini che non intendono lasciare il nostro paese – disinteressandosene – nelle mani di chi, nella deriva individualistica del nostro “stare assieme”, ha oggi la possibilità di fare e disfare a proprio piacimento della cosa pubblica (ricordate le risate intercettate nella notte del terremoto de L’Aquila?) e in buona sostanza, quindi, delle nostre vite. Perché libertà non è rinchiudersi nella propria dimensione “domestica” e familiare e lasciare che pochi occupino lo spazio (pubblico) di molti; “libertà è (rioccupare quel – nostro! – spazio, libertà è) - come ci stimolava Gaber - partecipazione”. di ANDREA SARUBBI*

Nella foto, il simbolo della nazione

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di ANDREA SARUBBI*

Il tema del congresso di Cittadinanzattiva, in corso a Chianciano, riguarda da vicino la politica: si parla infatti di costruzione, di innovazione e di fiducia. Oggi mi hanno invitato per un intervento e sono partito dalla fine: la sfiducia nelle istituzioni come punto di partenza – a cominciare dal caso Napolitano, che reputo incredibile – e l’innovazione, il cambiamento, come unica risposta. In mezzo, il metodo della costruzione: le difficoltà del sindaco Pizzarotti a Parma stanno dimostrando che è invocare Norimberga e la ghigliottina in piazza è più facile che formare una squadra di governo; anche gli elettori più arrabbiati, però, sanno bene che la pars destruens non basterà a migliorare il Paese in cui viviamo. Ma non è sul mio intervento che vorrei soffermarmi: è piuttosto su due passaggi ascoltati in assemblea, che secondo me fotografano bene l’atteggiamento della cosiddetta società civile verso la politica.

Il primo passaggio è di Teresa Petrangolini, storica fondatrice di Cittadinanzattiva, che ha concluso il suo mandato di segretario generale con un intervento appassionato sui giovani (“Non per buon cuore, ma perché abbiamo bisogno di loro… perché non siamo in grado di trovare soluzioni per una società che deve necessariamente cambiare per sopravvivere”) e sulla questione chiave dell’ascensore sociale rotto, anche in politica:

“Mi piange il cuore perché non sono mai stata né qualunquista né anticostituzionale. Sono però ormai convinta che con questi partiti, con questa classe dirigente, l’Italia non va da nessuna parte. Non c’entra la democrazia, non c’entrano i principi. Non mi interessa disquisire sul fatto se o meno una democrazia si regge senza i partiti. Così come è indubbio che la stessa Cittadinanzattiva ha ottimi rapporti con questo o quel rappresentante politico, in Parlamento, al livello governativo, nelle Regioni e, soprattutto, al livello locale. (…) Sicuramente è necessario sostituire le persone perché non ci possono essere incompetenti totali e buffoni in ruoli di responsabilità o parlamentari da 7-8 legislature o funzionari pubblici a vita che hanno 2 o 3 incarichi riccamente retribuiti. Ma perché certi cambiamenti siano possibili servono gli italiani ed un aumento complessivo del loro impegno civico, ovunque questo sia possibile: sicuramente nella politica in senso tradizionale, ma anche nella cultura, nella gestione dei servizi, nella vita di quartiere, nel produrre informazione, nel fare al meglio il proprio lavoro, nel guardarsi attorno e costruire momenti di socialità, di aiuto, di solidarietà”.

Teresa (classe 1951) lascia la guida di Cittadinanzattiva ad Antonio Gaudioso (classe 1972), che ha detto parole sagge sul momento attuale: da un lato, l’Italia imbarazzante dei condoni, della credibilità internazionale nulla, del giornalismo piegato alle convenienze politiche; dall’altro, l’Italia bella di sindaci come Angelo Vassallo, dei commercianti che denunciano il pizzo, dei terremotati che vanno avanti senza chiudere fabbriche e negozi, dei ricercatori che resistono.

“È per tutte queste persone che abbiamo il dovere di mettercela tutta. Abbiamo un interlocutore politico, il governo Monti, che si trova a fronteggiare una situazione straordinaria con un paese in bilico tra coraggio e disperazione. È il nostro interlocutore e ci dobbiamo confrontare con il massimo rispetto, apprezzando il fatto, se non altro, che si possa discutere del merito delle cose senza dover aspettare il nuovo scandalo nell’edizione del giornale in corso di stampa che spesso serviva solo per sviare il dibattito dai problemi veri del paese. Corrado Guzzanti, parlando del presidente del consiglio ha detto ‘Monti non è sobrio, è che regge meglio l’alcool…’. Probabilmente tutti abbiamo avuto enormi aspettative da questo governo, per motivi in alcuni casi opposti da chi si aspettava maggiori tutele per i lavoratori a chi si aspettava un mercato del lavoro completamente liberalizzato. È evidente che il governo non ha la bacchetta magica ma è nostro dovere, nel rispetto dei ruoli, di incalzarlo sui punti di una agenda per la crescita che parta da una alleanza con i cittadini”.

Io non credo alla competizione tra politica e società civile, né mi sento espropriato di chissà quale sovranità se il Pd – come ha fatto, per fortuna – decide di alzare le mani sulle nomine Rai e di chiedere dei nomi alle associazioni di cittadini. Credo invece – forse per la mia esperienza personale, visto che non avevo mai militato in un partito prima del mio impegno in Parlamento – che una politica chiusa in sé stessa non vada da nessuna parte, se non apre porte e finestre. C’è un’Italia che ha fame di politica bella, partecipata, e che è pronta a impegnarsi: se si astengono anche loro, e ci resta solo il voto militante, cambiamo mestiere.

ANDREA SARUBBI*

*Deputato del Partito Democratico


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